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lunedì 2 dicembre 2013
sabato 8 giugno 2013
L'insegnante che studia va sempre punito
L'insegnante che studia va sempre punito In questa nostra terra generosa solo di bellezze artistiche ma povera di rispetto per la professionalità siamo arrivati a un punto tale per cui invece di limitarci, come si fa da sempre, a non tenere conto di criteri meritocratici, ci si ingegna, con inventiva tanto fantasiosa quanto crudele, a punire anche con la perdita del posto di lavoro chi più si prepara. E non lo si fa mica così, lasciandolo all'iniziativa personale garantita dal ricoprire ruoli dirigenziali che danno margine decisionale ampio per la valutazione della professionalità altrui, no, lo si fa grazie a disposizioni contrattuali con la connivenza e il supporto entusiasta dei sindacati (perché mai dovrebbero interessarsi di esigue minoranze che non fanno molta cassa?). Se sei un insegnate di ruolo entusiasta e curioso, pronto a sacrifici, economici e personali enormi pari solo alla tua voglia di crescere professionalmente, guardati bene dal cercare di soddisfare osceni desideri di ulteriore formazione, perché potresti diventare perdente posto anche se sei di ruolo da una vita. Facciamo un esempio: i tuoi studi privati ti portano a pubblicare qualcosa e ti rendi conto che forse potresti fare addirittura una ricerca, allora tenti un concorso per prendere il dottorato di ricerca. Ti giochi un'intera estate sui libri, fai il concorso, lo superi e vai in congedo per portare a termine il tuo progetto. Quando dopo 3 anni di sacrifici pari solo all'entusiasmo, anche perché nel tuo piccolo e provinciale comune di residenza non c'è alcuna sede universitaria (quindi hai fatto molti pieni di benzina e consumato gli pneumatici in modo irrimediabile), con la tesi quasi pronta ti prepari a ritornare a scuola pronto a rimpinguare con tutto ciò che hai imparato l'offerta formativa della tua sede, ti accorgi che la sede non ce l'hai più. Cos'è successo? Bene il contratto del comparto scuola articolo 5 prevede che il periodo trascorso in dottorato di ricerca, al contrario di qualunque altra occupazione per cui è previsto il congedo straordinario, come mandati politici, sindacali, ecc, azzeri tutti i punti di continuità sulla scuola per cui scivoli giù in graduatoria e hai ottime possibilità di diventare perdente posto: studiare qui da noi è equiparabile ad un reato, mentre tutelare attività che poco o nulla hanno a che fare con l'insegnamento è prioritario per il nostro sistema dell'istruzione e per i sindacati. Quale logica autolesionista e/o programmatica ci sia dietro tanto accanimento contro quegli insegnanti che hanno desiderio e capacità di continuare a formarsi lo lascio decidere a voi, io una mia idea ce l'ho, ma non credo che conti nulla visto che sono stata così stupida da continuare a studiare dopo 20 anni di insegnamento per soddisfare la mia inesauribile sete di conoscenza.
martedì 7 maggio 2013
‘Die Grenzen meiner Sprache bedeuten die Grenzen meiner Welt’ Wittgenstein
Sì, ti ho riconosciuto! Quello
sguardo, che ostenta la noia che ti hanno imposto, male cela un pizzico di
curiosità imbronciata. Anche se il tuo viso ogni anno muta e diverso è il tuo
nome, da vent’anni leggo gli stessi timori negli occhi di ragazzi che, come te,
iniziano la scuola superiore trascinandosi dietro, troppo spesso, un fardello
pesante: regole imparate e recitate a memoria che piano piano, subdolamente,
schiacciano la gioia di conoscere. Anch’io, sai, odiavo studiare quell’inglese
ridotto a mucchio di inerti macerie di lessico e grammatica: se mi son trattenuta
dal bruciare i libri in terza superiore è stato solo per timore dei miei!
Sorridi? Non ci credi! Eppure è
vero. È stato un caso se mi sono
rispuntate le ali dopo che la scuola me le aveva tarpate: a volte tremo se penso
quanto più misera la vita mia sarebbe
stata se non avessi fatto quel viaggio fuori dall’Italia…. Non permetterò che
tu corra questo rischio! Non lasceremo le cose al caso.
Io ti capisco, capisco il disagio
del tempo sprecato che ha scandito le mie e le tue grigie ore su testi imbrattati
di insignificanti liste di parole e regole appartenenti ad una lingua estranea
e bizzarra così distante dal nostro mondo: io ti prometto che quei giorni sono
finiti.
Non darò risposte ad
interrogativi che non ti sei mai posto, ma creerò terreno fertile per le tue
domande e ti accorgerai che c’è più di un
solo modo di guardare alla realtà: confronterai le dimensioni di spazio e tempo
a te ben note con altre dimensioni e il tuo mondo diventerà più grande, si
arricchirà di idee inaspettate, quelle di ragazzi che come te si guardano intorno
pieni di speranze e timori ma da un’altra prospettiva.
Ti accorgerai, mentre mi racconti
il tuo passato, descrivi il tuo oggi e immagini il tuo domani usando parole
inconsuete, di angoli segreti che prima, solo con la lingua del tuo paese, non
vedevi, non potevi raggiungere. Avrai
nomi per cose che non conoscevi, e quei nomi allargheranno i tuoi pensieri e ti
consentiranno di dire e pensare l’inaspettato. Sentirai il rumore di suoni un
tempo incomprensibili che ti sorprende con il suo significato: certo dovrai
impegnarti, ma faremo in modo che sia divertente, che sia sensato, che includa
il tuo mondo.
Ti spingerò a usare tutte le
risorse di cui disponi, te ne darò di nuove per consentirti di crescere e
creare: ti sfiderò, ti provocherò ma ti sarò accanto e seguirò i tuoi sentieri
per indicarti la direzione, ti chiederò di valutare il tuo lavoro e quello dei
tuoi compagni ma solo dopo che avremo deciso insieme come e perché, userò il
web e ti mostrerò strumenti che faranno di Internet la tua arma più potente, un
posto in cui sentirti a casa, in cui trovare qualunque cosa di cui tu abbia
bisogno anche quando non ci sono io.
Lo sai, non posso accompagnarti
per tutta la strada ma ti mostrerò dov’è l’orizzonte: lo guarderemo insieme, e
vedrò nascere in te la voglia e le capacità di correre avanti, di dare di più,
di fare di più perché sarai cosciente che non puoi limitarti al paese della tua
gente se vuoi capire, scoprire e trovare
soluzioni.
Quando domani, con accanto un collega,
un amico, magari persino una sposa, o uno sposo che viene da una terra lontana
avrai certezza che non mentivo i giorni in cui ti ripetevo che sei cittadino
del mondo e saprai guardare alle differenze senza pregiudizi per considerarle
una ricchezza inestimabile, in quel momento, sarai fiero che nessun altro essere
umano possa passarti accanto senza che tu abbia la possibilità di condividere
con lui almeno un tratto di strada, un’emozione, un’idea che arricchisca
entrambi e renda l’umanità migliore. Quel
giorno, nei tuoi occhi, avrai allora
una scintilla come quella che oggi vedi nei miei e, forse, riconoscerai in te, con
un sorriso, lo stesso entusiasmo con cui ti ho scaldato il cuore negli anni dei
sogni.
E se il tuo grazie si unirà a quello di altri che prima di
te si sono voltati indietro per raccontarmi che hanno sperimentato quel brivido
lungo schiena di cui parlammo tra i banchi, questa conferma continuerà a riempirmi
di gioia e ad aiutarmi nei momenti
difficili quando dovrò lottare per la scuola in cui credo, anche a costo di
essere l’unica voce fuori dal coro.
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