LE PROBABILITA' DI SUCCESSO DELLA SCUOLA SONO DIRETTAMENTE PROPORZIONALI ALLA CAPACITA' DEGLI INSEGNANTI DI COLLEGARE LA SCUOLA STESSA AL MONDO DEI "NATIVI DIGITALI" PER DOTARLI DI STRUMENTI CHE CONSENTANO LORO DI RICICLARSI IN UN MERCATO DEL LAVORO IN COSTANTE E RAPIDA TRASFORMAZIONE

sabato 28 febbraio 2009

Seminario ADi: riflessioni e spunti

L'accelerazione dei ritmi vertiginosi di produzione e diffusione di informazione, cui hanno contribuito le TIC e il Web 2000, continuano ad appiattire il mondo e costituiscono il propulsore economico, sociale e creativo del terzo millennio.

Troppi studenti italiani ed europei , una nuova generazione di “ZAPPER” di mondi virtuali, nel momento in cui varcano l'uscio delle scuole, si trovano catapultati in una anacronistica e noiosissima età della pietra della conoscenza, dove l'esclusività e l'autorità dell'informazione continua ad essere congelata nella figura del docente. La scuola si conferma la struttura più “conservata” dalle sue origini forse paragonabile solo alla chiesa (abstract Domenico Parisi): il libro e la lezione frontale si riconfermano come modalità privilegiate di distribuzione di conoscenza, sostenute dall'isolamento professionale dei docenti permesso e protetto dalla architettura claustrale delle classi.


Forse i libri di carta spariranno grazie alla loro digitalizzazione, e forse le biblioteche dovranno reinventarsi, forse la democratizzazione della cultura che ci si aspettava che non si è realizzata nel passaggio dagli amanuensi dei monasteri a Gutemberg, attraverso i paperback fino a iKindle non ci sarà neanche grazie alla rete visto che spesso per leggere articoli di costose pubblicazioni scientifiche on line (precedentemente acquistati solo da biblioteche) occorre pagare. In America, e non solo, (ricerca "Pocket of Potential") esperimenti per far accedere a tecnologia mobile dal costo relativamente ridotto come cellulari, iPod, piattaforme Nintendo si moltiplicano e danno risultati non trascurabili (Project K-Nect) proprio per i figli delle classi economicamente disagiate, con accesso a PC e ad Internet nullo o quasi. Durante un corso di formazione per apprendisti, una ragazza dell'est che lavora come cameriera mi ha detto che usa il T9 per migliorare lo spelling dell'italiano, soprattutto per quanto riguarda l'uso delle doppie che nella sua lingua madre non ci sono!

E che dire della digitalizzazione di milioni di libri di numerose biblioteche online se non che sono una risorsa validissima permanente e onnipresente nel tempo e nello spazio.


Nel mondo ormai piatto che più piatto non si può (Friedman) l'orizzontalizzazione della costruzione e della distribuzione delle informazioni non si limita più all'ambito della R&D (riderca e progettazione) industriale, pubblicitaria, di servizi e di sviluppo di software (H farm) ma ha infettato tutta la conoscenza.

Se per essere economicamente più efficienti e avere più tempo da dedicare ad esigenze personali dei loro clienti, ditte e commercialisti americani sono arrivati a dare in outsourcing tutto il lavoro digitalizzabile, non vedo perché non possano fare altrettanto i docenti: gli studenti non hanno bisogno dei loro insegnanti in quanto depositari di dati - la massa di informazioni aggiornate disponibile on line è già pressoché sconfinata – ma necessitano di guide sicure per reperire, valutare e riorganizzare creativamente la conoscenza online, per imparare le regole dei Creative Commons, per sviluppare strategie etiche di gestione della dimensione sociale del web e per acquisire la duttilità e la riciclabilità necessaria a garantire loro una maggiore “impiegabilità”.


Quanti insegnanti siano in grado di rivestire adeguatamente il nuovo ruolo a cui sono chiamati è da vedere: per insegnare l'apprendimento permanente occorre praticarlo in prima persona, e anche se i docenti sono per definizione “immigranti digitali” non possono esimersi dall'acquisizione delle nuove tecnologie e da sperimentazioni didattiche delle stesse, oserei dire anche al di fuori dei un framework prestabilito: forse è azzardato perché non possiamo usare i ragazzi come cavie, ma un tentativo di programmazione che incorpori la realtà del mondo significa fornire una possibilità di sopravvivenza nella società della conoscenza.


C'è il pericolo di una disumanizzazione dell'apprendimento?

La tecnologia non è antiumana, anzi paradossalmente è biologicamente brain-friendly e quindi anche learner-friendly. La ricerca neurologica conferma che la costruzione della memoria esplicita semantica (parole, simboli, libri, video, testi, computer, preparzione scolastica) è di gran lunga più difficoltosa rispetto alla costruzione di memoria esplicita episodica (posti, eventi, circostanze): video giochi, simulazioni virtuali, contestualizzazione geografica o storica supportano efficacemente l'apprendimento semantico, e inoltre lo rendono sicuramente più gradevole. Cosa chiedere di più ad una tecnologiqa che ci permette proprio questo? I videogiochi dell' Istituto di RIcerca di Trento (IPRASE) unità di apprendimento dai parametri regolabili, l'esperimento su Virtual Life dell'Istituto d'Arte "Vittoria" (abstract Frizzera-Stacchini) nella sua gestione completa da parte degli studenti, “Un PC per ogni studente" della Scuola Don Milani (abstract Limone) sono esempi di buona pratica che hanno dato risultati interessanti: occorre continuare a sperimentare e a condividere per mettere a punto strategie funzionali di valenza didattica. I videogiochi nelle scuole trentine sono stati modificati in itinere molte volte su suggerimenti di studenti e insegnanti: la malleabilità e feedback costituiscono un altro vantaggio innegabile delle nuove tecnologie.

Nessun commento:

Posta un commento